Esiste una correlazione, supportata da ricerche estensive, tra pratiche di lavoro positive (orientate al rispetto, all’integrità e allo sviluppo delle persone) ed effetti positivi sui lavoratori, in termini di soddisfazione personale e benessere che, a loro volta, innescano comportamenti individuali positivi (come il coinvolgimento, la fiducia, la retention).
Questo circuito virtuoso di buone pratiche genera risultati positivi per l’organizzazione come la redditività, e la produttività. Quest’ultima correlazione è comunque ancora poco esplorata e ha bisogno di maggiori conferme empiriche (non ci sono, cioè, tante ricerche e dati solidi dal punto di vista statistico e su larga scala).
Le principali fonti di spiegazioni scientifiche alla base dell’effetto delle pratiche positive sulla performance organizzativa.
Su quali basi teoriche si fonda la possibilità di questa correlazione che comunque si sta osservando sempre di più tra pratiche positive, comportamento individuale ed efficacia organizzativa?
Effetto amplificazione
Le pratiche positive forniscono un effetto di amplificazione grazie alla loro associazione con le emozioni positive e con il capitale sociale. Diversi autori hanno riportato che l’esposizione a pratiche positive produce emozioni positive negli individui, responsabili, a loro volta, di un’elevazione (innalzamento delle qualità positive) delle prestazioni individuali nelle organizzazioni.
“Quando membri dell’organizzazione sperimentano e praticano la compassione, la gratitudine o il perdono s’innesca un circolo virtuoso di rinforzi positivi reciproci. Questo meccanismo di innalzamento qualitativo aumenta la probabilità che un testimone di buone azioni diventerà presto l’autore di buone azioni.”
Barbara Fredrickson
Questo effetto è anche ben documentato nella letteratura sulle reti sociali. Staw e Barsade hanno dimostrato che le emozioni positive producono un migliore funzionamento cognitivo, migliorano il processo decisionale, e favoriscono relazioni interpersonali più efficaci tra i membri dell’organizzazione.
I dipendenti che provano emozioni positive sono più orientati a supportare i clienti, più creativi, più attenti e rispettosi gli uni degli altri.
Una seconda spiegazione razionale per gli effetti di amplificazione delle pratiche positive è la loro associazione con la formazione del capitale sociale.
Il capitale sociale nelle organizzazioni si riferisce alle relazioni tra gli individui per mezzo delle quali passano le informazioni, il flusso di influenza, e le risorse.
Diversi ricercatori hanno trovato che in presenza di pratiche positive tra colleghi di lavoro, quali la condivisione, la lealtà, la difesa, la cura, i risultati sono migliorati e nello specifico: l’impegno, la partecipazione, la fiducia e la collaborazione, ognuno dei quali può contribuire al miglioramento della performance organizzativa.
Queste migliori relazioni sono come capitale sociale su cui si costruisce la performance organizzativa e formano una riserva di risorse che facilita l’efficacia.
Effetto buffering
Le pratiche positive tamponano l’organizzazione dagli effetti negativi di traumi o stress, migliorando la resilienza, la solidarietà e il senso di efficacia. Seligman e Csikszentmihalyi hanno evidenziato che lo sviluppo di pratiche positive funge da cuscinetto contro disfunzioni e malattie sia a livello individuale che di gruppo. Hanno osservato che la compassione, il coraggio, il perdono, l’integrità e l’ottimismo, per esempio, sono in grado di prevenire lo stress psicologico, le dipendenze, e il comportamento disfunzionale.
A livello di gruppo e di organizzazione, pratiche positive migliorano la capacità di assorbire le minacce e i traumi e di riprendersi dalle avversità, tra cui l’assorbimento dello stress lavoro-correlato e la guarigione da eventi traumatici.
Le pratiche positive servono come fonte di resistenza e “durezza”, in altre parole, contribuiscono a preservare il capitale sociale e l’efficacia collettiva, rafforzano, ricostituiscono e rendono agile l’organizzazione.
Esse funzionano come agenti tampone che proteggono le organizzazioni, permettendo loro di riprendersi dalle crisi e di evitare il deterioramento delle prestazioni.
Effetto eliotropico
Le pratiche positive possiedono anche attributi coerenti con l’eliotropismo.
L’effetto eliotropo è l’attrazione di tutti i sistemi viventi verso l’energia positiva e l’allontanamento dall’energia negativa, o verso ciò che produce vita e lontano da ciò che la riduce.
Le organizzazioni caratterizzate da pratiche positive favoriscono l’attivazione di energia positiva tra i membri dell’organizzazione e l’energia positiva produce elevate prestazioni.
Organizzativamente parlando, tendenze eliotropiche nei processi sociali possono essere spiegate attraverso la motivazione di base dei sistemi sociali ad organizzarsi.
In parole povere, la tendenza alla felicità degli esseri umani porta le persone a sviluppare comportamenti d’aiuto e a contribuire e quando gli altri osservano questi comportamenti, questi si sentono in dovere di unirsi e costruire sulla base di tali contributi.
Gouldner (1960) ha proposto che la formazione dei modelli di ruolo e le norme sociali creano una tendenza verso il positivo. I processi sociali positivi hanno maggiori probabilità di sopravvivere e prosperare nel lungo periodo rispetto ai processi sociali negativi, perché sono funzionali per il gruppo.
Le collettività sopravvivono quando si basano su norme positive, e queste norme sono un prodotto diretto di pratiche positive dimostrate. Evolutivamente, gli effetti disfunzionali delle pratiche non positive alla fine provocano la loro scomparsa.
Almeno tre spiegazioni dunque trovano le loro basi nella letteratura relativa a come le pratiche positive sono predittrici di efficacia organizzativa.
Dal punto di vista cognitivo, emotivo, comportamentale, fisiologico e sociale, l’evidenza suggerisce che i sistemi umani naturalmente preferiscono l’esposizione al positivo, dunque è prevedibile che anche le performance organizzative siano migliori in presenza di pratiche positive.
Il ruolo della negatività
E’ importante ricordare, naturalmente, che alcuni dei più grandi successi, la maggior parte delle nobili virtù, e le realizzazioni più alte derivano dalla presenza di eventi negativi.
Infatti, la comune esperienza umana e abbondanti prove scientifiche supportano l’idea che la negatività ha un posto importante nella produzione di risultati positivi. Una rassegna completa della ricerca psicologica condotta da Baumeister, Bratslavsky, Finkenauer, e Vohs (2001) ha articolato questa conclusione nel titolo dell’articolo “Il male è più forte del bene”.
Gli esseri umani, hanno sottolineato, reagiscono meglio ai fenomeni negativi piuttosto che a quelli positivi, o agli stimoli che minacciano la loro esistenza o ai segnali di disadattamento. Gli eventi negativi hanno un impatto maggiore degli eventi positivi dello stesso tipo (per esempio, la perdita di amici o di denaro ha un impatto maggiore che lo stringere nuove amicizie o vincere la lotteria; ci vuole più tempo per dissipare le emozioni negative; meno informazioni sono necessarie per confermare tratti negativi negli altri; le persone trascorrono più tempo a rimuginare sulle relazioni negative che su quelle positive).
Pertanto, il positivo può superare gli effetti potenti del negativo solo con la forza superiore dei numeri.
Il punto è che le tendenze verso la protezione e la sopravvivenza hanno reso gli eventi e gli stimoli negativi estremamente potenti nell’influenzare le emozioni umane e, potenzialmente, le performance organizzative. Visto che il male tende ad essere più forte del bene, un’extra enfasi va posta sulle pratiche positive, affinché si manifestino effetti postitivi nelle organizzazioni, anche se tuttavia molte organizzazioni restano concentrate su fenomeni negativi.
Riferimenti bibliografici
Cameron K.S.,Trevor M.C., Leutscher, “Effects of positive practices on organizational effectiveness”, The Journal of Applied Behavioral Science, 26 gennaio 2011.