Care Dani e Veru,
sono l’HR Manager di una grande azienda generalmente all’avanguardia sulle pratiche orientate alle persone, ma facciamo ancora la revisione annuale delle prestazioni. So che è un processo non efficace perché tutti odiano dare e ricevere feedback in questo modo, ma devo convincere il mio gruppo dirigente piuttosto “convenzionale” prima di potercene definitivamente liberare. Non voglio che la mia azienda sia tra le ultime ancora aggrappata a questa pratica HR arcaica. Cosa posso dire al mio leadership team per convincerli? Quali sono i motivi per cui le migliori aziende si stanno sbarazzando della performance review annuale.
Grazie, vostra M.C.
M.C. non è né la prima HR Manager con cui abbiamo avuto questo tipo di confronti né, le abbiamo assicurato, la sua azienda sarà purtroppo l’ultima a scegliere di abolire il processo di revisione annuale della prestazione. In Italia la percentuale di aziende che ha completamente abolito il sistema di performance management è ancora molto bassa, sebbene il numero è destinato ad aumentare ora che la tendenza è iniziata.
Di fatto la revisione annuale della performance è un retaggio dell’era industriale che continuiamo a portarci dietro nell’era della conoscenza senza più chiederci perché la facciamo e se c’è un modo diverso per preservarne lo scopo ma più adatto ai tempi che viviamo.
Qual è lo scopo della valutazione della performance? Perché è importante? Quali informazioni vogliamo ricavare attraverso questo processo?
Se solo le organizzazioni riuscissero infatti a fermarsi un attimo e a riflettere seriamente su queste domande, probabilmente arriverebbero da sole alla scelta di abolire completamente i sistemi tradizionali di valutazione annuale della performance e sostituirli con la costruzione di una cultura organizzativa psicologicamente sicura, basata sulla fiducia, su relazioni e comunicazioni aperte e dunque supportata da sistemi e pratiche per scambiarsi feedback in modo agile ed efficiente.
Così come tutti sanno chi sono i #badmanagers nella propria organizzazione ma continuiamo a promuoverli, tutti sanno che la valutazione delle prestazioni è il processo organizzativo che genera più chimica negativa di tutti: frustrazione, demotivazione, se non rabbia e assoluta percezione di inutilità.. ma continuiamo a farla.
Dopo i licenziamenti, la valutazione della performance è ciò che i manager in assoluto e anche molti HR, odiano di più.
La revisione della performance fatta una volta l’anno, con il manager che si siede con il collaboratore davanti ad una “scheda obiettivi” per valutare se, secondo lui o lei, questi obiettivi definiti un anno prima sono stati raggiunti e come, è un processo che andava bene nell’era industriale, quando aveva senso che una volta l’anno ci si fermasse a valutare le prestazioni lavorative di un dipendente in termini di qualità e quantità della sua produzione; la sua presenza al lavoro e il rispetto degli standard di sicurezza, etc..
Tom Coens e Mary Jenkins, in Abolishing Performance Appraisal, affermano che “La valutazione della prestazione è diventata molto più che uno strumento manageriale. E’ diventata un simbolo culturale, quasi antropologico della relazione genitoriale capo-subordinato caratteristica delle organizzazioni patriarcali”.
Nell’era della conoscenza in cui viviamo oggi, il lavoro di ogni persona è inevitabilmente intrecciato con quello di molte altre persone, il lavoro di squadra è più significativo della prestazione individuale; spesso il lavoro è delocalizzato e virtuale, per via della tecnologia, quindi è anche più fluido e non più collegabile direttamente ad orari rigidi da svolgere dal lunedì al venerdì nello stesso ufficio. Inoltre sappiamo che la cultura organizzativa è il principale motore dei risultati aziendali.
Perché allora continuiamo a replicare questo vero e proprio supplizio ogni anno, mandando in fumo in un battibaleno, tutte le risorse energetiche ed economiche che si sono impiegate nel resto dell’anno in iniziative disegnate per aumentare, anche solo di un punto percentuale l’engagement?
Perché ancora tanti manager e professionisti HR credono di aver bisogno di questo processo per:
- aiutare i collaboratori a migliorare le prestazioni;
- motivare i collaboratori col coaching e il counseling;
- migliorare la comunicazione attraverso feedback di valore;
- trovare un modo per distribuire i compensi;
- avere dati per promuovere e ri-allocare le persone sui ruoli;
- raccogliere informazioni oggettive a cui appellarsi in caso di licenziamenti.
Sfortunatamente il processo convenzionale non funziona per nessuno di questi obiettivi. Infatti:
- Non ha senso aspettare mesi o un anno per migliorare le prestazioni di un collaboratore o dare un feedback: perché ritardarne la crescita o rimandare il chiarimento di qualcosa che si è osservato ed è migliorabile?
- Prima del colloquio bisogna rivedere gli obiettivi che erano stati stabiliti e nel farlo potresti realizzare che: non hai rivisto gli obiettivi per un anno e non sono più rilevanti; stai valutando cose che oggi non hanno più senso o sono accadute lontano nel tempo e difficili da ricordare; stai osservando solo ciò che non è stato fatto, realizzato, raggiunto;
- A nessuno piace la burocrazia e soprattutto tutti soffrono il disagio di assegnare un punteggio per descrivere la prestazione di un membro del team: sia chi l’assegna, perché tra l’altro sa che da quel punteggio dipendono bonus, stipendi, livelli, possibilità di carriera; sia chi lo riceve, perché è un processo spesso a senso unico e ci si sente giudicati e valutati da qualcuno che magari non sa niente di te e delle tue attività quotidiane.
Cosa misurare allora, come e quando?
Le persone hanno il diritto di ricevere feedback utili sui loro risultati e ne hanno bisogno velocemente.
Secondo J. Appelo, la prima cosa da fare è imparare ad offrire feedback scritti ai colleghi in maniera semplice, onesta e amichevole.Pre-condizione necessaria per l’utilizzo di tale pratica è la creazione di una cultura basata sulla fiducia. Appelo ribadisce anche con forza che il feedback scritto non potrà mai sostituire le conversazioni e le relazioni face-to-face, né essere considerato un’alternativa al coaching e allo sviluppo personale, che restano dimensioni da coltivare in modo diverso e non solo una volta l’anno e in associazione alla valutazione della performance.
In Netflix hanno scelto di eliminare la revisione annuale della performance. Patty McCord, il loro ex Chief Talent Officer, ha dichiarato in un articolo di HBR: “Quando abbiamo smesso di fare revisioni formali delle prestazioni, abbiamo istituito revisioni informali a 360 gradi. Le abbiamo mantenute abbastanza semplici: alle persone è stato chiesto di identificare le cose che i colleghi dovevano smettere, iniziare o continuare a fare”.
La revisione delle prestazioni è un costoso investimento in termini di tempo impiegato dal team HR, dai manager e da tutti i collaboratori. Qual è il vantaggio per il business di questo processo? Nei 15 anni di nostra esperienza possiamo dire sinceramente nessuno.
La revisione annuale della performance si fonda su un modello mentale e manageriale basato sulla paura e sull’idea che devi tenere le persone sotto controllo dicendo loro cosa hanno fatto bene e cosa hanno fatto male, facendo loro sapere che li stai guardando!
I tuoi dipendenti però non sono dei bambini ma collaboratori con talenti e potenziali di cui la tua organizzazione ha bisogno per creare valore per i clienti. Non vi è alcun motivo o vantaggio commerciale nel tenere in piedi un processo burocratico e paternalistico il cui unico risultato possibile è che i dipendenti ben considerati si sentano bene e le persone che hanno più bisogno di supporto e incoraggiamento staranno male, ma la colpa e la vergogna non sono strumenti di business.
La cultura della fiducia e della sicurezza psicologica è invece ciò che va nutrito per traghettare leader e organizzazioni nel 21° secolo. Gli esempi e gli strumenti non mancano.
Cara M.C.,
abbi pazienza e non mollare, non sei sola. Molti altri leader HR sono oggi in cammino su questa strada come te!
In bocca al lupo,
Dani e Veru
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Riferimenti bibliografici
Appelo J. (2016), Managing for Happiness: Games, Tools, and Practices to Motivate Any Team, John Wiley & Sons Inc.
Coens T., Jenkins M. (2002), Abolishing performance appraisal. Why They Backfire and What to Do Instead, McGraw-Hill Education
Di Ciaccio D., Gennari V. (2018), La Scienza delle Organizzazioni Positive. Far fiorire le persone e ottenere risultati che superano le aspettative, Franco Angeli.
Laloux F. (2016), Reinventare le organizzazioni. Come creare organizzazioni ispirate al prossimo stadio della consapevolezza umana, Guerini Next.