Enrico Quintavalla è un esperto di filosofie orientali e fondatore della scuola “Kaivalya Yoga”, riconosciuta internazionalmente da Yoga Alliance. Ha passato gli ultimi 4 anni a studiare ed insegnare hatha yoga e filosofia orientale (Yoga Sutra, Advaita, Buddhismo e Taoismo) in India, Cambogia, Tailandia, Italia e Isole Canarie. E’ traduttore dal sanscrito, counselor per situazioni stressanti, terapista ayurvedico e kiirtan player.
Qual è il tuo percorso personale e professionale e come mai hai scelto di dedicare la tua vita alla ricerca e all’insegnamento di antiche tradizioni spirituali?
Mi piace pensare che Il mio percorso personale sia quello di ogni altro essere umano che cammina su questo pianeta dal momento che le domande alle quali tutti cerchiamo risposta sembrano essere le stesse:
Come posso trovare felicità duratura? Come posso estinguere la sofferenza dalla mia vita? Perché sono qui?
La domanda dà origine alla ricerca spirituale, e questa ricerca ci accomuna tutti. Ciò che cambia da persona a persona è l’intensità con la quale perseguiamo le risposte, nonché la strada specifica che scegliamo di percorrere al fine di trovare pace ed equilibrio.
Professionalmente mi sono occupato prevalentemente di marketing e logistica sino a circa 6 anni fa, quando ho deciso di dirottare il 100% delle mie energie verso la ricerca delle risposte a queste domande, licenziandomi per partire alla ricerca di maestri realizzati ovunque si trovassero. Piuttosto che dedicata all’insegnamento di antiche tradizioni spirituali, considero la mia vita dedicata alla realizzazione della verità di fondo che ha dato origine a queste tradizioni. Le tradizioni spirituali, così come anche le tecniche psico-fisiche e spirituali che ne fanno parte, rappresentano lo scheletro, la mappa, la struttura di un percorso autonomo che deve necessariamente sfociare in una realizzazione pre-concettuale, pre-teoretica della verità. Una realizzazione esperienziale, e quindi affidabile. Quando arriva il momento, i mastri e le tradizioni devono necessariamente essere riconosciuti come semplicemente “funzionali” alla nostra crescita personale, altrimenti corriamo il rischio di delegare permanentemente ad altri la responsabilità della nostra libertà e felicità. Questa responsabilità è solo nostra. Nessuno può trovare le risposte per noi; nemmeno il Buddha, come è spesso sottolineato nei canoni antichi.
In questo libro parliamo di Chief Happiness Officer, organizzazioni, lavoro e leadership: cosa c’entra la spiritualità con tutto questo?
La saggezza antica ha molto da dire in merito a come condurre una vita piena, significativa e funzionale al raggiungimento dei nostri obiettivi, anche mondani. Alla luce di questo trovo sia favorevole predare dalle tradizioni antiche tecniche funzionali ad un nostro sviluppo personale, anche solo in chiave di miglioramento della qualità del nostro lavoro o dei nostri rapporti interpersonali. Affacciarsi nel mondo della spiritualità per motivi mondani può facilmente divenire una porta verso orizzonti di crescita più alti, di conseguenza… perché no?
Quali spunti di riflessione o strumenti concreti offrono gli antichi insegnamenti per questi argomenti?
Gli strumenti sono infiniti: consideriamo ad esempio come una mente lucida e serena, coltivata in ogni sentiero spirituale puro, porta grande beneficio anche nella vita lavorativa e relazionale. Il mio primo maestro Zen una volta mi disse: ”Mi chiedi quale sia il motivo per il quale ho cominciato a meditare?” Ho cominciato a meditare per riuscire ad andare più veloce in moto mentre correvo in pista” Io: “E ha funzionato?” Lui: “Eccome! Tanto bene che ha contaminato tutta la mia vita”.
Quali sono secondo te le caratteristiche distintive di una leadership positiva?
Lucidità mentale, serenità, capacità di adattamento, lungimiranza, energia, pazienza, amore verso il prossimo e desiderio di crescita costante.
In definitiva una mente chiara, serena e determinata supportata da un corpo stabile e sano è il fondamento di ogni azione che porta frutto nel mondo.
La Scienza della Felicità ha dimostrato che questa è una competenza che possiamo allenare. Qual è il punto di vista sulla felicità degli antichi insegnamenti spirituali?
La spiritualità autentica riporta nelle nostre mani la responsabilità di entrambe, mostrandoci a livello pratico come entrambe dipendano completamente dalle nostre azioni, nonché dalla nostra comprensione di noi stessi e della realtà nella quale viviamo. Una volta compreso questo non resta che trovare il sentiero giusto per noi e percorrerlo sino in fondo.
Qual è il sentiero giusto per noi? Quello che porta più frutto. Quello che funziona meglio.
Per essere d’esempio agli altri e coerenti su un tema delicato come la Felicità, è auspicabile che un Chief Happiness Officer – così come i leader che si dichiarano “positivi” – si stabiliscano in maniera radicata in una pratica e in una routine del benessere, per coltivare innanzitutto la propria felicità. Che tipo di pratiche o percorso suggeriscono a tale proposito gli insegnamenti che divulghi?
Personalmente comincio sempre dalle fondamenta concrete del benessere psicologico: la salute del corpo. Essendo il nostro corpo composto da ciò di cui ci nutriamo, il passo più ragionevole per prendersene cura è cominciare a capire quali sono i cibi e le pratiche che ne innalzano il potenziale di salute ed energia, e quali quelle che lo abbattono. Da questa base si continua a costruire verso l’alto, e la crescita personale, attraverso lo studio di pratiche più sottili quali la meditazione, si fa decisamente più semplice e spedita.
A livello razionale, tutti comprendiamo che è sano e meglio mangiar bene, fare attività fisica etc.. e anche la Scienza ci sta riempiendo di “prove” su questi argomenti, eppure.. le persone fanno fatica a rispettare le diete o andare in palestra nonostante i soldi spesi per gli abbonamenti. Quali sono gli ostacoli alla felicità e quali sono gli ingredienti per radicarsi stabilmente in una pratica di benessere per trasformare la felicità in abitudine?
Uno degli ostacoli più grandi è la mancanza di fiducia nella propria capacità concreta di crescita e trasformazione in positivo.
Siamo spesso così attaccati all’immagine che ci siamo costruiti di noi stessi, sia essa buona o cattiva, che pensiamo una trasformazione autentica non sia realmente possibile. La realtà invece è che a qualsiasi età possiamo decidere di cambiare rotta ed esplorare con coraggio il nostro vero potenziale.
Un altro ostacolo rilevante è la mancanza di perseveranza, il desiderare di ottenere tutto e subito senza sforzo, o con uno sforzo minimo. La trasformazione comporta necessariamente impegno, costanza e determinazione. Senza questi tre ingredienti la via è persa rapidamente.
C’è qualche indicazione specifica nelle tradizioni che insegni che vuoi condividere con i futuri Chief Happiness Officer come ulteriore stimolo di riflessione utile per il loro ruolo di agenti di cambiamento culturale del mondo del lavoro?
Una citazione tra tutte:
“Conoscere gli altri è intelligenza; Conoscere se stessi è vera saggezza. Padroneggiare gli altri è forza; Padroneggiare se stessi è vero potere.”
Tao Te Ching, verso 31
Qual è l’apprendimento più importante che hai maturato attraverso il tuo percorso umano e professionale?
Probabilmente questo: qualunque cosa faccia, ovunque sia, qualunque sia lo stato della mia mente non posso essere separato dalla mia vera natura…. Punto. Allo stesso modo non posso essere separato dal solo momento che esiste: quello presente.
Non ho modo di essere ciò che non sono, e questo lascia spazio ad un’altra realizzazione: ogni cosa è già perfettamente ciò che deve essere.
Paradossalmente questa verità non mi porta a vivere passivamente, au contraire; mi porta a vivere senza tensioni inutili, e senza tensioni inutili sono libero di percorrere la strada che ho scelto con grande serenità e leggerezza.
Tre libri da leggere per approfondire questi temi:
- Tao Te Ching, Lao Tsu (traduzione di Stephen Mitchell)
- Real Power, Business Lessons from the Tao Te Ching, Stephen Mitchell
- Natura Uomo e Donna, Alan Watts
- Loving What Is, Byron Katie