di Enrico Carosio|Coordinatore Area Enterprise e Membro Comitato Scientifico |CASCO Centro per gli Apprendimenti e lo Sviluppo di Competenze, Parma.
Chi è Enrico Carosio?
Sono Enrico Carosio, coordinatore dell’Area Enterprise e Membro del Comitato Scientifico di CASCO – Centro per gli Apprendimenti e lo Sviluppo di Competenze di Parma.
Com’è cambiata la visione del lavoro e delle organizzazioni grazie alla certificazione in CHO?
Ha confermato e rafforzato una visione della centralità della persona in tutti le attività umane e in particolare del lavoro, che rappresenta una delle più importanti manifestazioni del sé e della possibilità di autorealizzarsi insieme ad altri contro una diffusa e non corretta netta divisione vita privata e lavoro.
Terminata la certificazione, qual è stato il focus del tuo primo miglio?
Ho cercato di diffondere i concetti CHO tra i miei colleghi, peraltro già molto sensibili e anche tra i clienti con i quali avevo a disposizione ulteriori elementi a supporto appresi durante il percorso.
Quali sono state le prime azioni concrete e le iniziative che hai implementato?
In CASCO abbiamo rafforzato un modello di processo di consultazione, tipico delle Positive Organizations, affidandoci alla fiducia reciproca, all’assunzione di responsabilità e alla contaminazione delle competenze.
Quali sono state le principali difficoltà o gli ostacoli che hai incontrato e come li hai superati?
Devo dire che il terreno era già molto fertile.
La sensibilità nei confronti di comportamenti e pratiche coerenti con la Scienza della Felicità erano in parte presenti.
Abbiamo avuto solo un allontanamento volontario ma temporaneo di un professionista stimato e capace ma avvolto in una cultura ancora lontana dai temi CHO.
Credo che l’ostacolo più grande sia inerente all’area culturale di provenienza e ovviamente dai percorsi di vita personali.
Quali sono gli effetti positivi, le lezioni apprese o i primi risultati che hai già rilevato?
Voglio affermare con grande gioia che l’elemento subito emerso è stato lo stupore, un’emozione spesso dimenticata o semplificata che in realtà, come affermano le neuroscienze, è il presupposto determinante per l’apprendimento.
Uno stupore nel vedere la fluidità e l’efficacia dei processi che ha dato origine ad un innalzamento del livello di motivazione e che ha permesso la genesi di nuove idee e progetti favorendo una “pro-attività commerciale” di notevole peso per una realtà piccola come la nostra.
Quali sono i prossimi passi?
Stiamo vivendo una classica “crisi di crescita” che rischia di sfuggirci di mano se non riusciamo a mantenere una struttura agile ma con le risorse umane e economiche necessarie e allineate al nostro proposito.
Abbiamo molti passi da fare e tra questi intendiamo puntare ad aumentare la rete di formatori e consulenti per la nostra Brand Community, a inserire risorse amministrativo-organizzative, a rendere stabile un’area di ricerca e sviluppo legata anche ai temi e ai servizi CHO e Organizzazioni Positive e…. direi che per ora ne abbiamo da fare.
Cosa vorresti raccontarci tra un anno?
Vorrei raccontarvi che CASCO è cresciuta e che è diventata una realtà di riferimento nell’area della formazione e dell’innovazione sociale.
Vorrei anche raccontare che eravamo partiti con dei progetti in aree in cui siamo competenti e che, con coraggio, ci stiamo mettendo in gioco in nuovi progetti in aree che si pensavano lontane da noi (ovviamente qualcosa già bolle in pentola…)
Cosa diresti ai tuoi colleghi per convincerli che vale la pena investire sul benessere delle persone e che ha senso iniziare a costruire organizzazioni positive?
Inviterei a liquidare i pensieri e le parole come “difficile, impossibile dai noi, troppo retorico, troppo faticoso ecc..” perché anche inconsciamente, rappresentano quei bias cognitivi che bloccano l’azione e attivano una regressione difficile da percepire.
Inoltre invito i colleghi a entrare nella logica di Yoda, il maestro Jedi di Guerre Stellari, che si rivolge al protagonista, un disilluso Luke Skywalker, “FARE non provare!”.
Con la dichiarazione “provare” si rischia sempre di agire con il freno a mano tirato (vediamo come va poi….).
Con FARE intendo che occorre sperimentare, prototipare e mettere in atto anche piccole e apparenti insignificanti pratiche CHO, che permetteranno a molti di vivere, letteralmente, qualcosa di “mai vissuto” e, talvolta, non presente neanche nei propri orizzonti evolutivi e di desiderio.