Hai mai provato a cercare sul web un corso in Chief Happiness Officer o Manager della Felicità?
Spesso attraverso queste etichette, che in questo momento storico vanno abbastanza di moda, si propongono i programmi di formazione più disparati o convenzionali: dai percorsi di coaching, life style management ai festival e meet up politici..
Sembra all’improvviso che tutto ciò che è correlato in qualche modo al “benessere” e allo sviluppo delle persone possa essere definito con la parola felicità, anche se nella maggior parte di questi programmi a volte la felicità non sia nemmeno mai nominata.
Ecco perché riteniamo utile e doveroso provare a fare chiarezza non solo su questo termine, ma anche su quali sono le caratteristiche e le competenze che un vero Chief Happiness Officer possiede.
Da quando 5 anni fa abbiamo iniziato a parlarne in Italia tra tanti scetticismi e sarcasmi, molto è cambiato in termini di ricettività, accoglienza e curiosità rispetto al tema.
Siamo sicure che in questo lavoro di Cultural Happiness Adoption, una buona parte l’abbia giocata l’aver portato i contributi della Scienza e delle ricerche sul campo degli ultimi vent’anni attraverso il libro “La Scienza delle Organizzazioni Positive. Far fiorire le persone e ottenere risultati che superano le aspettative”, edito da Franco Angeli.
Riteniamo importante quindi chiarire cosa intendiamo per felicità, positività, organizzazioni positive, per evitare di generare confusioni e banalizzazioni di un argomento che ha invece in sé tutto il potenziale per la trasformazione positiva del nostro sistema, non solo lavorativo.
La Scienza della Felicità è il termine con cui in letteratura si aggregano le discipline scientifiche che concorrono a dimostrare che la felicità non è solo un’emozione ma soprattutto una competenza, che quindi possiamo allenare. Ha a che fare, infatti, con il modo in cui utilizziamo le nostre risorse interiori per interpretare il mondo e reagire agli eventi che ci accadono.
Non è pensare che andrà sempre tutto bene o vivere una vita al massimo: errori, fallimenti, sofferenza ed emozioni spiacevoli, fanno parte del percorso.
Si tratta invece di diventare resilienti, come dei buoni marinai che sanno come affrontare mari calmi o tempeste avendo una buona predisposizione, le giuste conoscenze e l’equipaggiamento tecnico più funzionale alle diverse situazioni.
L’Organizzazione Positiva è tale anche perché possiamo portare in essa noi stessi interi, con la nostra infelicità quando c’è, nella sicurezza che non dovremmo infilarci la veste finta del lavoratore automatizzato, spogliando di valore l’essere umano, ma certi che troveremo spalle, comprensione e accoglienza”
Letizia Piangerelli
Ecco perché è importante che il Chief Happiness Officer, e tutti coloro che si occupano di benessere e sviluppo delle persone e delle organizzazioni, comprendano bene cosa intendiamo con la parola felicità e quali sono quindi le pratiche e gli strumenti più utili ed efficaci per promuovere un ambiente lavorativo che faccia fiorire le persone e realizzare risultati all’organizzazione.
Grazie soprattutto ai progressi della neuroscienza, sappiamo che, a dispetto dell’infinita ricchezza delle forme attraverso cui si manifesta l’esperienza individuale, tutti gli esseri umani “funzionano” allo stesso modo.
Sappiamo, ad esempio, che per stare bene e stare bene insieme le persone devono sentirsi al sicuro, soddisfatte, ispirate, e non continuamente sotto pressione, stressate, non valorizzate o minacciate dagli altri. Se questi bisogni di sicurezza, apprezzamento, connessione non vengono soddisfatti si attivano dei meccanismi di difesa o attacco che sono alla base di molti comportamenti ai quali assistiamo al lavoro e nelle relazioni.
E’ importante sapere che tutto ciò che disturba il nostro equilibrio, ogni volta cioè che i nostri bisogni non sono soddisfatti, il nostro organismo produce una specifica chimica, cortisolo e adrenalina, necessaria per prepararci alle reazioni istintive di attacco e fuga. Il cortisolo, conosciuto anche come ormone dello stress, non è negativo di per sé, ma se siamo continuamente sollecitati da un sistema che fa scattare l’allarme (pressione sulle scadenze, paura, frustrazione, mancati riconoscimenti, conflitti…), ecco che diventa un problema per la nostra salute.
Ogni volta, al contrario, che i bisogni di sicurezza, soddisfazione e connessione sono appagati, il nostro organismo opera attraverso una modalità cosiddetta responsive, producendo sensazioni “positive” di calma, rilassatezza e pace; gratitudine, completezza e appagamento; intimità, compassione e amore. Tutto è in perfetto equilibrio, consentendoci di affrontare la vita in modo resiliente, presente e coerente.
Questa modalità è supportata dalla produzione di un diverso tipo di chimica, ovvero ormoni quali la dopamina, la serotonina, l’ossitocina, le endorfine, in grado di aumentare il nostro massimo rendimento in termini di salute, creatività, intelligenza, memoria e saggezza
Perché ci sono utili queste informazioni in un contesto organizzativo?
Le organizzazioni non sono sistemi statici, ma organismi in continua trasformazione. Ecco perché ogni giorno, in forma meno consapevole di quanto immaginano, possono diventare più negative o più positive.
Il ciclo della negatività genera “energie dissipative”, che portano le persone a demotivarsi, disinteressarsi e ad avere performance scarse, e tutto ciò si riversa nel sistema, con gli effettivi negativi sui risultati organizzativi e di business.
Il ciclo della positività, invece, genera energie “rigenerative”, che spingono naturalmente le persone a investire il proprio potenziale, superare le aspettative individuali e tutto ciò produce invece effetti positivi collettivi.
Sono queste le informazioni che ogni serio programma di sviluppo dei manager della felicità dovrebbe offrire: la conoscenza dei meccanismi che innescano queste condizioni, in modo che sia più facile comprendere da cosa dipendono dimensioni come la motivazione, il coinvolgimento e il benessere (ciclo della positività) e come siamo arrivati invece a creare ambienti di lavoro in cui prevale lo stress, l’insoddisfazione e il disinteresse (ciclo della negatività).
Inglobare le informazioni sul funzionamento dell’essere umano consentirà a chi gestisce persone e organizzazioni di avere le leve per favorire il cambio di paradigma culturale nella direzione di una sana e sostenibile felicità.
La Scienza della Felicità, integrando le scoperte della neuroscienza, dell’epigenetica, della fisica quantistica, della biologia con letture rinnovate in discipline più tradizionali come l’economia, ci offre la possibilità non solo di manifestare intelligenza superiore e creatività, emozioni potenti e positive, salute e armonia per noi stessi, ma anche di vedere il mondo da altre prospettive, più efficaci per i nostri tempi, e sulle quali costruire nuovi modelli organizzativi.
Se vuoi approfondire guarda il Tedx: La felicità è una competenza che possiamo allenare