di Cinzia Barba |CHO|CFO|Sustainable Manager
Chi è Cinzia Barba?
Votata ad una carriera in ambito turistico, dopo una gita con la classe dell’ultimo anno di liceo, circa trent’anni fa sono stata folgorata dalla bellezza dell’economia sentendo parlare per la prima volta di economia civile. Così ho cambiato i mei programmi, mi sono laureata in economia con il massimo dei voti ed abilitata commercialista e revisore contabile.
Il mio sogno era lavorare nelle organizzazioni “negative”, classicamente identificate come Pubblica Amministrazione, per cambiarle da dentro: non esistono organizzazioni tutte positive o negative, e tutte le organizzazioni possono funzionare bene, se esse hanno un purpose valido e perseguono il bene comune.
Oggi faccio parte del Comitato Direttivo di Federmanager, associazione dei dirigenti e quadri apicali.
Com’è nata l’idea del prototipo WALK, acronimo di What a lovely community?
Il mio purpose è la contaminazione, per far crescere una comunità fatta di organizzazioni positive, che è poi lo scopo del mio prototipo.
Ci sono diverse strade per realizzare questo purpose: si può intervenire sulle organizzazioni esistenti, provando a modificarne i paradigmi culturali e gli stili di leadership o si può agire sulla futura classe dirigente. Ecco io ho scelto di perseguire parallelamente ambedue le strade, dando priorità assoluta alla seconda.
A seguito di un intervento sul Chief Happiness Officer al 7^ Salone della Corporate & Social Responsability 2019 a Napoli, organizzato dalla Dottoressa Raffaella Papa, il prof. Mauro Sciarelli, docente di Economia e Gestione delle Imprese e di Governo ed Etica d’impresa presso la Facoltà di Economia Federico II, ha chiesto a Federmanager una testimonianza sul tema, per gli studenti della laurea magistrale di Economia.
E’ nata così l’idea: la testimonianza a dicembre del 2019 è stata un’esperienza bellissima, così come è stato interessante osservare la curiosità degli studenti e allo stesso tempo capire la responsabilità che i docenti si assumono nel formare la futura classe dirigente.
Da qui la volontà di pianificare una serie di seminari strutturati sul tema delle organizzazioni positive, con una collaborazione tra il mondo universitario e l’associazione dei manager che sono due stakeholders cruciali.
Contemporaneamente con Federmanager, nell’ambito della nascente collaborazione, cominceremo a lavorare con tutti i partner, tra cui grandi multinazionali, all’appuntamento annuale per il “JobDay” organizzato dal Dipartimento di Economia, Management e Istituzioni, per la cultura d’impresa, il Management ed il Talento al servizio degli studenti e del Paese.
Dopo la certificazione di settembre 2019 in Chief Happiness Officer era importante per me mettere a terra subito le energie che si sono generate nel gruppo dei 54 CHO, dei geni positivi e dei testimonial delle organizzazioni positive.
Tornando a casa nel proprio contesto organizzativo, pur colmi di entusiasmo, occorreva scalfire i modelli tradizionali e non è stato facile; in questo è stato prezioso il sostegno reciproco che ancora oggi ci assicura 2bhappy e questa nuova comunità di CHO, tutti mossi dal grande proposito della felicità, prima di tutto e per tutti.
Intanto il primo spunto è stato quello di capire, partendo dalla conoscenza di sé, se il mio purpose era allineato a quello del mio contesto professionale e qui ho capito che dovevo ampliare i miei orizzonti professionali: non tutte le organizzazioni sono pronte ai cambiamenti culturali, soprattutto quando le organizzazioni sono concentrate e ripiegate su se stesse, non guardano “fuori” e conseguentemente replicano pratiche e procedure forse collaudate ma non rispondenti ad un mondo in continuo cambiamento.
Quindi ho guardato fuori, ascoltando le diverse voci che venivano dagli ambienti più diversi e magicamente ho scoperto che avevamo in comune il purpose della felicità: occorreva allora mettere a fattor comune i nostri scopi di vita e le nostre azioni per creare un effetto moltiplicatore disrupting.
La focalizzazione sul nostro scopo sta facendo tutto il resto: come un sasso gettato in uno stagno, la divulgazione sta funzionando e tutto ciò che sta accadendo attorno assume un senso ed è coerente: economia civile, università, Federmanager, una grande comunità, tutti legati indissolubilmente attorno al benessere collettivo ed alla felicità.
Il mondo universitario è pronto per educare alla felicità?
Il contesto universitario è un contesto fervido che tuttavia, per essere efficace, necessita di interventi strutturati, costanti e coerenti con percorsi di studi innovativi, i cui contenuti sono sempre più lontani dai modelli tradizionali aventi il profitto come unico obiettivo, e che invece volgono verso il tema della sostenibilità, della chimica positiva, del più noi e meno io e dell’essere, più dell’avere e del fare.
L’idea del prototipo benché come target dichiarato abbia gli studenti, ha un target “non dichiarato” che è quello del mondo accademico, ancora diffidente per certi aspetti sul tema della felicità: qui il gancio dei docenti proattivi verso le tematiche dell’etica e della sostenibilità che hanno innescato l’idea del prototipo può fare da elemento propagatore anche in altre discipline ancora poco attente al benessere ed alle organizzazioni positive, costituendo un’opportunità per cambiare i modelli culturali del mondo accademico.
Quali sono i primi risultati e gli indicatori di successo che puoi raccontarci?
I primi effetti sono evidenti: l’interesse suscitato negli studenti, futuri manager delle nostre organizzazioni, ha determinato anche la richiesta di tutoraggio nella predisposizione della tesi di laurea.
Come indicatori di efficacia e successo sto monitorando:
- l’incremento del numero degli iscritti al corso di Governo ed Etica d’impresa rispetto all’anno precedente
- il numero di studenti che frequenteranno i seminari
- il numero di studenti che chiedono la tesi sulle organizzazioni positive
Mi aspetto inoltre che alcuni partner del JobDay siano disposti ad investire sulla figura del CHO.
Occorrerà investire su accordi formali tra l’Università e Federmanager: il vero ostacolo è la burocrazia dalla quale non si potrà prescindere, la necessità di recuperare conoscenza e competenze e il tempo a disposizione per strutturare adeguatamente i contenuti dei seminari.
La novità del tema sul CHO, la grinta e lo storytelling hanno rappresentato un plus sul quale ho fatto leva per realizzare il prototipo.
Tra un anno vorrei raccontarvi di un mondo universitario che conosca perfettamente cosa è un CHO e che le organizzazioni positive (che sono partner del progetto JobDay) possano vantarsi di aver migliorato produttività e ridotto assenteismo, grazie alla figura del CHO.